Mi ero ripromessa di leggere questo tuo topic e finalmente ho trovato un po’ di calma per leggerlo.
Davvero grazie per la bella e completa descrizione.
La frase di Marotta “Il ragù non bolle, pensa; bisogna soltanto rimuovere col cucchiaio i suoi pensieri più profondi” è davvero stupenda.
Non sono napoletana e non ho mai assaggiato il ragù napoletano, ma dalla tua descrizione sono riuscita a sentirmelo in bocca questo stupendo ragù.
Credo che i piatti tradizionali di questa Italia abbiano sempre un forte legame territoriale. Come tu stesso hai ben descritto a tavola non si portava una carne (tagli poveri o tagli raffinati) cotta a lungo, ma si portava la terra e ciò che da essa si ricavava. (con aggiunte più o meno sofisticate ad esempio il pepe frutto di scambi e di commercio). Vi era una maggior simbiosi tra ciò che si coltivava/allevava, scambiava e le persone. (Sia esse nobili o contadine).
Vi era un legame diverso e tempi diversi rispetto a quelli di oggi. Questa specie di sacralità tra la preparazione di un determinato piatto, ricco ed elaborato credo si possa riscontrare in tutte le nostre regioni. Una sacralità che deriva da un patto, un’alleanza tra uomo e territorio.
Credo a che voler ripercorrere queste tradizioni sia un po’ come per Proust assaggiare la Madeleinette nel tè. Apre ai ricordi. Ma a mio parere difficilmente potremo recuperarne il senso.
Grazie
Davvero grazie per la bella e completa descrizione.
La frase di Marotta “Il ragù non bolle, pensa; bisogna soltanto rimuovere col cucchiaio i suoi pensieri più profondi” è davvero stupenda.
Non sono napoletana e non ho mai assaggiato il ragù napoletano, ma dalla tua descrizione sono riuscita a sentirmelo in bocca questo stupendo ragù.
Credo che i piatti tradizionali di questa Italia abbiano sempre un forte legame territoriale. Come tu stesso hai ben descritto a tavola non si portava una carne (tagli poveri o tagli raffinati) cotta a lungo, ma si portava la terra e ciò che da essa si ricavava. (con aggiunte più o meno sofisticate ad esempio il pepe frutto di scambi e di commercio). Vi era una maggior simbiosi tra ciò che si coltivava/allevava, scambiava e le persone. (Sia esse nobili o contadine).
Vi era un legame diverso e tempi diversi rispetto a quelli di oggi. Questa specie di sacralità tra la preparazione di un determinato piatto, ricco ed elaborato credo si possa riscontrare in tutte le nostre regioni. Una sacralità che deriva da un patto, un’alleanza tra uomo e territorio.
Credo a che voler ripercorrere queste tradizioni sia un po’ come per Proust assaggiare la Madeleinette nel tè. Apre ai ricordi. Ma a mio parere difficilmente potremo recuperarne il senso.
Grazie
Commenta